Come la Teoria dei giochi può aiutare nelle vendite? Nel post seguente proveremo a rispondere partendo da un concetto assoluto: le trattative commerciali e le negoziazioni sono attività che richiedono alte abilità strategiche, relazionali e comunicative. Si tratta di una tautologia, di un’affermazione sempre vera ma, soprattutto nel B2B, questa dichiarazione assume connotati di grande complessità. Il B2B è infatti il regno della vendita complessa, in inglese Complex sales, oppure Enterprise sales.
Soprattutto nei mercati B2B, dei più disparati settori, dove la relazione tra azienda fornitrice e cliente gioca un ruolo fondamentale, è quindi interessante focalizzarsi su gli strumenti e le strategie più corrette per raggiungere i propri obiettivi.
Le relazioni tra questi soggetti infatti sono solitamente di lungo periodo, caratterizzate da continuità e stabilità relazionale. Ciò è dovuto sia al rapporto di interdipendenza e fiducia che si genera tra azienda e cliente nei processi di fornitura, sia dal fatto che i tempi di sviluppo del prodotto/servizio possono essere particolarmente lunghi. Queste caratteristiche del mercato B2B implicano un maggior livello di difficoltà nel conquistare nuovi clienti ma, allo stesso tempo, una volta iniziata una relazione, sarà più difficile che questa si interrompa fintanto che il fornitore riuscirà a generare valore: valore che, nel tempo, sarà il collante per costruire un legame stabile e di interdipendenza.
Vi starete dunque chiedendo come riuscire a vincere la competizione nel mercato B2B e instaurare una relazione di lungo termine con i clienti conquistati? Vediamo insieme come la famosa teoria nota come Teoria dei giochi potrebbe tornare utile nel campo delle vendite per rispondere a questa domanda.
Inquadriamo il contesto: la nascita della Teoria dei giochi
Come riporta Wikipedia la teoria dei giochi può essere definita come una vera e propria disciplina volta ad analizzare e descrivere, tramite modelli matematici, le scelte che degli agenti razionali fanno in situazione di interazione strategica. L’obiettivo della teoria dei giochi è quindi quello di trovare una “soluzione al gioco” che sarà data dalla combinazione delle decisioni prese dai giocatori nel corso dell’interazione.
Sebbene i primi ragionamenti e pubblicazioni legate alla matematica dei giochi risalgono al XVI secolo, come già alcune dissertazioni sul tema risalgono ad alcuni pensatori dell’Antica Grecia, la nascita della moderna teoria dei giochi viene più comunemente fatta coincidere con la pubblicazione nel 1928 dell’articolo “On the Theory of Games of Strategy “da parte di John von Neumann. L’articolo fu seguito poi dalla pubblicazione del libro “Theory of Games and Economic Behavior” nel 1944 scritto ancora da von Neumann, questa volta insieme a Oskar Morgenstern. Gli studi condotti da questi autori hanno permesso negli anni successivi a numerosi studiosi di statistica ed economia di modellare ed analizzare i comportamenti decisionali in situazioni di incertezza. Ad esempio, nel 1950 gli studi sulla teoria dei giochi vennero applicati nell’ambito delle indagini della RAND Corporation dai matematici Merrill M. Flood e Melvin Dresher, per le loro possibili applicazioni alle strategie nucleari globali. Il grande sviluppo della teoria dei giochi avvenne però negli anni Cinquanta, con l’elaborazione di numerosi concetti tra cui il concetto di nucleo, gioco in forma estesa, gioco ripetuto, e valore di Shapley, ma soprattutto si assistette alle prime applicazioni della teoria dei giochi anche alle scienze politiche ed alla filosofia. Infatti, l’aspetto sorprendente di tale teoria è che vanta svariati campi di applicazione: da una partita a scacchi a un negoziato politico o economico tra Stati; da candidati che competono in un’elezione politica, fino all’analisi di situazioni legate alla gestione aziendale e strategica.
Una disciplina talmente interessante e complessa: tanto che tra i vincitori del Nobel per l’economia si annoverano numerosi teorici dei giochi. Per questa ragione vorremmo utilizzare la Teoria dei giochi nel campo delle vendite.
Prima di scendere nel dettaglio definiamo però le regole del gioco!
I postulati e gli elementi base della Teoria dei giochi
Prima di entrare nel cuore del discorso e applicare tale teoria alle negoziazioni commerciali e alle vendite vorremmo fare infatti alcune premesse:
- quando parliamo di “giochi” non intendiamo solo i comuni giochi da tavolo o di ruolo, ma facciamo riferimento a una qualsiasi situazione di interazione strategica tra soggetti o entità dove il comportamento strategico di ciascun individuo impatta in modo rilevante sia sul processo decisionale sia sul risultato finale del gioco;
- l’obiettivo dei contendenti nel gioco è massimizzare la propria vincita;
- il risultato del gioco dipende sia dalla sequenza delle strategie messe in atto dal giocatore stesso che dalle strategie adottate dagli altri giocatori;
- è naturale e logico che le decisioni prese da un giocatore si scontrino o siano in accordo con le decisioni prese dagli altri giocatori, è per questo che in base alle diverse situazioni nascono varie tipologie di giochi (es. giochi cooperativi o non cooperativi; giochi ripetuti nel tempo o giochi finiti; giochi a informazione perfetta o imperfetta; giochi a somma zero o a somma non zero)
- i giocatori dovranno avere comportamenti razionali
Gli elementi che costituiscono le fondamenta del gioco sono:
- GIOCATORI
- STRATEGIA: mossa o insieme delle mosse che un individuo intende effettuare
- PAYOFF: compenso, esito o vincita che ciascun giocatore ottiene in base alla strategia adottata da tutti i giocatori
- FUNZIONE DEI PAGAMENTI: è la regola che definisce quantitativamente la vincita dei contendenti in funzione del loro comportamento
- MATRICE DELLE DECISIONI: è una matrice a doppia entrata che permette di far emergere il valore della vincita che otterrebbe ciascun giocatore da ciascuna interazione.
Sulla base di queste premesse e punti fondamentali passiamo quindi a vedere come tale teoria può fornire anche interessanti spunti nella gestione di situazioni di concorrenza nei mercati o nella conduzione di trattative commerciali fra clienti e fornitori. In questi ultimi casi dunque i “giocatori” sono le imprese e i soggetti che operano in esse oppure un commerciante e un acquirente o un cliente e un fornitore.
Collaborare o non collaborare l’amletico “Dilemma del prigioniero”
L’applicazione più famosa della Teoria dei Giochi è nota come “Dilemma del prigioniero”: un gioco ad informazione completa proposto come problema di teoria dei giochi da Albert Tucker negli anni 50.
Il dilemma parte dalla seguente situazione: due criminali vengono accusati di aver commesso un reato a mano armata e gli investigatori li arrestano entrambi chiudendoli però in due celle diverse per impedirgli di comunicare. I due criminali vengono poi interrogati per capire se hanno effettivamente commesso il reato. Ognuno di loro si trova quindi davanti a due possibili comportamenti: collaborare oppure non collaborare con la polizia. La funzione dei pagamenti è la seguente:
- se solo uno dei due collabora accusando l’altro, chi collabora riesce a evitare la pena; l’altro viene invece condannato a 7 anni di carcere
- se entrambi accusano l’altro vengono entrambi condannati a 6 anni
- se nessuno dei due collabora entrambi vengono condannati a 1 anno (colpevoli di porto abusivo di armi)
Per ognuno dei due lo scopo è quello di minimizzare la propria condanna, ma nessuno dei due sa cosa sceglierà di fare l’altro. Questo gioco può essere rappresentato con la seguente matrice delle decisioni:
Collabora | Non collabora | |
Collabora | (6,6) | (0,7) |
Non collabora | (7,0) | (1,1) |
Analizzando le diverse combinazioni emerge che in questo gioco, definibile non cooperativo, la miglior strategia è collaborare perché, in fondo, non sappiamo cosa sceglierà di fare l’altro e lo scopo è quello di minimizzare la propria possibile condanna.
collaborando: rischia 0 o 6 anni
non collaborando: rischia 1 o 7 anni
Questo risultato è noto come Equilibrio di Nash, dal nome del noto matematico ed economista statunitense John Nash che in quel periodo elaborò una teoria che si pose in contrapposizione con il pensiero precedentemente elaborato da Adam Smith ed elaborò un criterio applicabile ad una gamma di giochi più ampia rispetto al criterio proposto da von Neumann e Morgenstern. Nash, con la sua teoria, sostenne e dimostrò che il risultato migliore per un gruppo si ottiene non tanto quando “ognuno agisce solo in base a ciò che è meglio per sé” come sosteneva invece Smith, bensì quando “ogni componente del gruppo agisce in base a ciò che è meglio per sé stesso e per il gruppo”.
Qui il video tratto dal film A Beautiful Mind del 2001 diretto da Ron Howard e interpretato da Russell Crowe, dedicato proprio alla vita di Nash, in cui è proposto questo concetto in maniera semplice e lineare.
Chiaramente si tratta di una riproduzione cinematografica, di una semplificazione per alcuni aspetti goliardica e che non tiene conto della formulazione matematica sottostante, definita appunto dell’Equilibrio di Nash, ma crediamo possa essere una modalità simpatica per tradurre un concetto altresì molto complicato.
Il concetto infatti può anche essere visto sotto la lente d’ingrandimento dallo studioso italiano Vilfredo Pareto, celeberrimo autore del Principio di Pareto, che pone in evidenza altri possibili concetti utili per definire queste situazioni nei suoi studi conosciuti sotto il cappello del Miglioramento paretiano e dell’Ottimo paretiano. Ci sono quindi delle differenze tra il pensiero di Nash e quello di Pareto, ma rimandiamo ad approfondimenti esterni Equilibrio di Nash e ottimo di Pareto
Nell’esempio precedente si può notare infatti che, intuitivamente, l’equilibrio di Nash non è la migliore soluzione possibile né individualmente né collettivamente. Esiste infatti una soluzione migliore per entrambi, quello che gli economisti chiamano un ottimo di Pareto: la strategia migliore per tutti che, in questo caso, sarebbe se tacessero entrambi (1, 1). Per approfondire questo tema vedere gli studi dell’Università “Tor Vergata” di Roma.
Ora però abbandoniamo la teoria e atteniamoci alla nostra tesi e proviamo a portare questi temi nel mondo delle vendite.
Come si applica la Teoria dei giochi nel mondo del B2B: il Dilemma del Negoziatore
Il Dilemma del prigioniero mette quindi in luce che in alcuni casi perseguire comportamenti razionali e più cooperativi potrebbe portare all’ottenimento di risultati di valore per entrambe le parti. Applichiamo quindi ora questi concetti al mondo B2B, in particolare nella vendita, a una potenziale situazione negoziale così da capire come raggiungere i propri obiettivi commerciali attraverso un approccio cooperativo e non conflittuale applicando i concetti alla base della Teoria dei giochi.
Passiamo quindi dal Dilemma del Prigioniero al Dilemma del Negoziatore!
La negoziazione infatti è una situazione di interazione tra soggetti che ha come oggetto lo scambio di risorse tra le parti, in cui ciascuna parte cerca di trarre il miglior risultato possibile che dipende però dalle scelte/strategie attuate dalla controparte.
Immaginiamo dunque la seguente situazione.
Abbiamo 2 individui che rappresentano i nostri giocatori: un venditore/fornitore (VF) che vuole proporre i beni/servizi della sua azienda e un potenziale acquirente/cliente di questi beni/servizi (AC). L’obiettivo del “gioco” è quindi quello di chiudere un affare.
Le controparti si trovano però in una situazione di conflitto di interessi: il venditore/fornitore ha come obiettivo quello di ottenere l’ordine e guadagnare un nuovo cliente cercando di avere la più alta profittabilità; l’acquirente/cliente, invece, è guidato dall’obiettivo di ottenere un nuovo bene/servizio per sostituire un fornitore già presente oppure per un nuovo progetto della sua azienda, il tutto al minor costo possibile, con le migliori garanzie e con tutti i servizi annessi desiderati. Sono giocatori dello stesso gioco che, come è ora chiaro, perseguono obiettivi e strategia differenti.
Obiettivo strategico | Obiettivo economico | |
Venditore/Fornitore (VF) | Chiudere affare | Con il Prezzo più alto |
Acquirente/cliente (AC) | Chiudere affare | Con il Costo più basso |
Passiamo ora alle loro possibili mosse.
Le mosse del venditore possono essere: aumentare o diminuire il prezzo del bene/servizio, aumentando o diminuendo al contempo le garanzie e i servizi annessi. Le mosse dell’acquirente possono invece essere scegliere questo nuovo fornitore, negoziare o meno il prezzo, le garanzie e i servizi annessi, oppure restare fedele al fornitore attuale o, in un caso differente, rinunciare al nuovo progetto.
Dilemma del Negoziatore: “Comunicare o non comunicare?”
Definito ora il perimetro di gioco e consapevoli che alla base di un processo negoziale gioca un ruolo rilevante la comunicazione, poiché ciascuna delle parti ha bisogno di una serie di informazioni preliminari per decidere la sua mossa, sorge ora un dubbio: è conveniente per le parti cedere informazioni durante il negoziato?
Possiamo affermare quindi che il Dilemma del Negoziatore è “Comunicare o non comunicare?”.
Ossia i giocatori devono scegliere se cooperare con la controparte, quindi il venditore/fornitore (VF) con l’acquirente/cliente (AC) e viceversa, cedendo così informazioni e aprendo la conversazione con il rischio di dare un vantaggio alla controparte oppure competere, rinunciando a dare informazioni, mantenendo quindi la negoziazione più chiusa e cercando piuttosto di indurre solo il proprio interlocutore a cedere informazioni.
E ora qui aggiungiamo complessità alla complessità, consapevoli comunque che qualunque lettore sia arrivato fino a questo punto ha idea di che cosa sia una negoziazione commerciale nel mondo B2B. Di qualsiasi settore del B2B.
Avanziamo quindi dicendo che chiaramente in una situazione come questa ogni giocatore al momento della decisione non sa cosa deciderà la controparte. In questo caso, tornando alla disciplina della Teoria dei giochi, parliamo quindi di giochi a informazione imperfetta.
Questa situazione porta così alla realizzazione di quattro possibili scenari con protagonisti venditore/fornitore (VF) con l’acquirente/cliente (AC) che si potrebbero ottenere in base al comportamento adottato da ciascun giocatore. Analizziamo insieme la matrice delle decisioni:
AC – Stile COMPETITIVO | AC – Stile COOPERATIVO | |
VF – Stile COMPETITIVO | Stallo o rottura del rapporto | Accordo squilibrato (vantaggi per VF) |
VF – Stile COOPERATVIO | Accordo squilibrato (vantaggi per AC) | Accordo efficace (vantaggi per entrambi) |
I quattro scenari evidenziati dalla matrice possono essere riassunti e descritti ora secondo 3 differenti situazioni:
Uno dei protagonisti collabora e l’altro compete
Nel caso in cui l’attività di negoziazione si svolgesse come un gioco competitivo, in cui le controparti non collaborano attraverso continue azioni di difesa e attacco fino ad arrivare ad avere alla fine, nei termini proprio del gioco, si avrebbero un vincitore e un vinto. In questo caso l’accordo squilibrato sembrerebbe essere vantaggioso per una delle parti ma, come detto inizialmente, nel B2B le relazioni si basano su rapporti solitamente di lungo periodo, caratterizzati da continuità e stabilità relazionale. Qualsiasi rapporto iniziato in una situazione di squilibrio però, nell’esperienza comune, è destinato a terminare presto che, nell’ottica di vantaggi reciproci sul lungo periodo, non è né l’obiettivo del venditore/fornitore (VF) né l’obiettivo dell’acquirente/cliente (AC).
Entrambi i protagonisti competono
In questo caso, qualora entrambi i protagonisti del gioco decidessero di competere, si avrebbe uno stallo o una rottura del rapporto. Questo non porterebbe nessuno degli attori in campo a raggiungere i propri obiettivi. Il venditore/fornitore (VF) non otterrebbe l’ordine e non guadagnerebbe, mentre l’acquirente/cliente (AC) non soddisferebbe il mandato di ottenere un nuovo bene/servizio per sostituire un fornitore già presente oppure per un nuovo progetto. In questo caso non vincerebbe nessuno, con evidente perdita di tempo e assenza di risultato per entrambe le parti.
Entrambi i protagonisti cooperano
Questo scenario invece si basa sull’attuazione di una strategia cooperativa. Occorrerà dunque individuare almeno un elemento di scambio durante la negoziazione che permetta a ciascuna della controparti di trovare soddisfazione nella relazione reciproca. In questo caso parliamo quindi di strategie collaborative in cui, alla fine della negoziazione, a differenza del primo scenario, non ci sarà un vincitore e un vinto, ma bensì due vincitori. Tale strategia si basa dunque sulla comunicazione e sulla trasparenza in cui le parti esprimono i loro interessi e i risultati che ciascuno vuole ottenere.
La prima opzione è spesso quella che si verifica più frequentemente perché vista come l’unico modo per raggiungere al meglio i propri obiettivi. Ma siamo sicuri che competere sia la soluzione ottimale per raggiungere i propri obiettivi di business?
Dalla tabella, si può infatti notare che entrambe le parti riceverebbero un beneficio se decidessero di comunicare e dare informazioni sui propri bisogni e sulla propria situazione di business (cooperazione), mentre una negoziazione competitiva potrebbe deteriorare i rapporti con la controparte (elemento come detto invece fondamentale nelle relazioni B2B basate proprio sulla relazione e la fiducia tra le parti) e porterebbe all’ottenimento di risultati sub-ottimali per entrambi i giocatori.
Il problema è che nessuna delle due parti vuole fare la prima mossa, perché puntare a una negoziazione cooperativa comporterebbe da parte di entrambi i giocatori il rischio di esporsi troppo e fornire alla controparte troppe informazioni. Infatti, nel caso in cui solo una parte comunicasse si creerebbe una situazione tale per cui chi ha ceduto informazioni si troverebbe in una situazione di svantaggio a favore invece della controparte.
Come risolvere dunque questo dilemma?
Il dilemma del negoziatore va oltre rispetto a quello del prigioniero perché ha alcuni elementi in più:
- la ripetizione: durante un negoziato infatti le parti hanno la possibilità di incontrarsi più volte per contrattare e scambiarsi informazioni. Questo permette di portare avanti uno scambio di informazioni più cauto, reciproco e incrementale e instaurare così pian piano un clima di fiducia
- il dialogo: l’esistenza di un canale di comunicazione permette alle parti di esprimere chiaramente le proprie intenzioni
- la possibilità di “punire” l’interlocutore se non rispetta gli impegni presi e distrugge la relazione di fiducia
Conclusioni
Questo ragionamento ci aiuta a comprendere che nelle relazioni negoziali esistono modi per gestire in maniera efficace la cooperazione, cercando di tutelarsi da un atteggiamento competitivo dell’interlocutore e puntando alla value co-creation. Guardare il negoziato come uno scontro tra le parti e quindi adottare una strategia competitiva per arrivare a un risultato “win-lose” non sempre è la soluzione migliore.
Anzi nelle trattative e nel mercato B2B la relazione tra le parti gioca un ruolo fondamentale: se le parti lavorano insieme e cooperano possono generare maggiore valore di quello che avrebbero agendo individualmente e soprattutto di quello che avrebbero sprecando risorse e energia a “combattere”.
Ovviamente però, come per ogni cosa, la strategia migliore da attuare va valutata caso per caso: occorre scegliere la strategia negoziale più adeguata in base alle circostanze e al nostro interlocutore. Per questo è importante imparare a interpretare il comportamento della controparte per cercare di prevedere al meglio quali potrebbero essere le conseguenze delle nostre azioni. Il segreto dei più grandi negoziatori è proprio la loro capacità di osservare la controparte, leggerne i comportamenti e agire per cercare di orientare la negoziazione verso una direzione cooperativa indagando sulle esigenze dell’interlocutore. Se volete approfondire questo tema vi invitiamo a leggere il post “Il potere del metodo socratico in una negoziazione commerciale”.
Se non vi fidate ancora del nostro punto di osservazione troverete forse interessante capire come si comporterebbe un sistema informatico. Come detto più volte si tratta di un sistema basato su giocatori razionali. Come si comporterebbe quindi un sistema informatico?
Per i più curiosi consigliamo di approfondire l’Axelrod’s Tournament con questo contenuto sul sito della Standford University
Esisterebbero poi altri approfondimenti sul tema ma vi invito a contattarci per conoscerli.
Scoprirete la regola aurea del comportamento umano!
E tu cosa ne pensi? Pensi anche tu che cooperare sia meglio che competere? Scrivici nel form qui sotto e raccontaci la tua opinione.
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